Intervista ad Ivano Fanini patron di Amore & Vita – Prodir

1)Secondo lei, in che modo il giro ciclistico d'Italia potrebbe fornire un messaggio cristiano? Quale?

IF: Dal 1990 al 1998 l’ha dato sicuramente, avendo al via una squadra come la nostra che invece di avere uno sponsor come primo nome, portava sulle maglie (come ancora tutt’oggi) il messaggio di AMORE & VITA, ovvero l’insegnamento più cristiano che si possa diffondere ai popoli di tutto mondo. Un messaggio nato peraltro dall’idea di un Santo (Giovanni Paolo II), ma questa è storia.

Tra l’altro proprio nel 90, alla nostra prima partecipazione con questo importantissimo messaggio sulle maglie, vincemmo subito una bellissima tappa, con una strepitosa azione solitaria di Fabrizio Convalle al suo primo anno da professionista (vedi foto con Gianni Bugno in maglia rosa).

Insomma, davvero una bella cosa che probabilmente ci portò fortuna!

Oggi, in verità, non saprei dire nello specifico cosa si potrebbe fare di concreto per enfatizzare e valorizzare questo aspetto. Col Giro si è partiti dall’Israele, concluso a Roma, (sullo scorcio di Piazza San Pietro); tutti dettagli a mio avviso abbastanza significativi, ma anche ragionati strategicamente per ragioni di marketing (e non per altro).

Purtroppo l’unica cosa che conta oggi, sicuramente la più importante per gli organizzatori (e non solo per quelli del Giro d’Italia che comunque organizzano una corsa bellissima, quasi priva di difetti), è il business. Il vero Dio è il dio denaro. Tutto è diventato una questione di marketing, soldi, ritorni d’immagine e di investimento. Lo sport in generale è come una multinazionale e si sta perdendo quel sano romanticismo e quella passione che invece qualche decennio fa era assolutamente protagonista, alla base di tutto. Gino già in quei tempi diceva: “tutto sbagliato.. tutto da rifare..” figuriamoci cosa avrebbe detto vivendo il ciclismo di oggi, quello dei potenziometri e delle radioline senza entrare troppo nello specifico. Insomma, tutte cose che chiaramente non si sposano affatto con la cristianità.

3)Tra i tanti ciclisti di sua conoscenza, quali hanno dimostrato la loro fede alla maniera di Gino Bartali? Può citarceli?

IF: Di Gino Bartali, il Signore ne ha fatto soltanto uno. Magari averne avuti di più … comunque, mettendo da parte il sarcasmo, ricordo Gino con immenso affetto. E pensate che nel 1984, al mio primo anno di professionismo come presidente del Team Fanini, avevo proprio lui come direttore sportivo, insieme all’amico di una vita Piero Pieroni. Un onore ed un privilegio che custodirò caro per sempre. Ricordo tutti i suoi insegnamenti e la grinta che riusciva ad infondere agli atleti e a tutti noi che gli stavamo vicino. Magia pura. E qui mi fermo altrimenti non smetterei più di raccontare e tra ricordi ed aneddoti ci potrei scrivere un libro. Per il resto, tra le mie file sono passati davvero migliaia di ciclisti, molti anche con diverse credenze religiose, però quando arrivavamo in Vaticano, davanti al Santo Padre, anche chi non credeva, rimaneva coinvolto, come catapultato in un'altra dimensione. La luminescenza di Karol Wojtyla, era accecante. Qualcosa fuori dal comune che con semplici parole non si può spiegare. Bastava un suo piccolo gesto o uno sguardo e tutti rimanevamo ipnotizzati. E alla fine quando andavamo via, tutti (atleti, sponsor, personale) venivano a ringraziarmi per averli fatti vivere una tale esperienza.

Comunque, tra i miei atleti, quelli che più si avvicinavano a Bartali per la fede che dimostravano, sono sicuramente Giovan Battista Baronchelli e Pierino Gavazzi, due grandissimi uomini oltre che campioni immensi.

4) Cosa la colpiva della statura cristiana di Gino Bartali?

 

 

 

IF:  Di Gino mi colpiva praticamente tutto e faccio fatica a raccontarlo nello specifico. Era davvero una persona speciale, proprio come Papa Wojtyla. La sua fede era mastodontica e la potevi percepire anche soltanto standogli vicino. E poi aveva un grande dono, quello di far sentire tutti importanti, e tutti a proprio agio, ti infondeva sicurezza.

Per me Bartali era davvero un personaggio mistico. Poi, mi ricordo la fede che aveva per Padre Pio. Gino lo considerava come Gesù in terra e questa sua fede l’ha trasmessa anche a me che appena posso vado a San Giovanni Rotondo a pregare dinnanzi alla sua tomba.

5) Pensa che sia veramente opportuno un ritiro di una squadra ciclistica all'interno di un edificio ecclesiastico o presso un santuario? Perché?

IF: Be, senza dubbio è qualcosa che fa soltanto bene. Noi ormai sono diversi anni che prima dell’inizio di stagione, lo facciamo, stando nel Convento di Don Mazzi , in cima alla montagna di San Lorenzo, in provincia di Brescia, ospiti dell’amico Fortunato Pogna della comunità InExodus. E posso dire che stare in quel posto, rigenera gli atleti, li fortifica e li fa tornare pronti per le tante fatiche che la stagione ciclistica gli riserverà.

Carlo Pellegrini

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